Craxi
Craxi, Bettino (Milano 1934 – Hammamet, Tunisia 2000), uomo politico italiano. Giovanissimo funzionario
della federazione milanese del Partito socialista, entrò nel comitato centrale a ventitré anni. Eletto
nel 1968
alla camera dei deputati, divenne in seguito vicesegretario nazionale e responsabile del PSI per gli
esteri. In un momento di grave crisi del partito, nel 1976 Craxi fu scelto dal Comitato centrale per
sostituire
Francesco De Martino. Convinto fautore dell’autonomia dal Partito comunista, si fece promotore di un
aggressivo attacco politico e ideologico mirato a strappargli l'egemonia sulla sinistra italiana.
Confermato alla segreteria nel 1978, nella drammatica vicenda del sequestro di Aldo Moro da parte delle
Brigate Rosse si oppose alla linea della fermezza sostenuta dalla gran parte delle forze politiche.
Nel 1980
prese ulteriormente le distanze dal PCI, ricostruendo la coalizione di governo con la Democrazia Cristiana.
Nell’agosto 1983, in seguito a un pesante cedimento elettorale della DC, chiese e ottenne la guida del
governo. Conquistatosi ormai un solido potere sia nel paese che nel partito, nel 1984 – in un congresso
a Verona che manifestò un’aperta ostilità nei confronti del leader del PCI Enrico Berlinguer – venne
confermato alla segreteria del PSI per acclamazione.
In seguito Craxi diede alla sua azione quell’impronta risoluta e ambiziosa (definita dai media del tempo
“decisionista” e “rampante”) che avrebbe caratterizzato tutto il suo successivo percorso politico e
che gli
avrebbe procurato non pochi nemici, ma anche molti ammiratori, persino presso l’elettorato degli altri
partiti. Determinato a fare del PSI il fulcro di un intervento di radicale modernizzazione politica,
economica e
culturale del paese, lanciò un’offensiva a tutto campo contro quello che considerava il “conservatorismo”
dei cattolici e dei comunisti italiani, e promosse una forte espansione economica, sostenendola con
una
spregiudicata politica di spesa pubblica.
Nel 1987, costretto a lasciare dopo quattro anni la guida del governo, tornò a occuparsi del partito,
ma conservò un ruolo di primissimo piano nella vita politica del paese e una forte influenza sull’attività
del
governo. Nel 1989, con la caduta del muro di Berlino, ritenendo ormai prossima la crisi del Partito
comunista e l’affermazione nella sinistra italiana di una linea riformista e del ruolo del Partito socialista,
lanciò la
parola d’ordine dell’“unità socialista”.
Il sogno coltivato per tutta la vita da Craxi non si sarebbe tuttavia realizzato. La recessione economica,
aggravata dall’imponente debito pubblico, l’improvviso sconvolgimento del quadro politico italiano (con
l’affermazione nel Nord del paese di una nuova formazione politica, la Lega) e infine le inchieste della
magistratura (che, a partire da Milano, principale roccaforte craxiana, portarono alla luce il vasto
sistema di
corruzione e di finanziamento illecito ai partiti sviluppatosi durante tutti gli anni Ottanta) causarono
la crisi del sistema politico di cui Craxi era stato uno dei maggiori artefici. Coinvolto personalmente
nelle inchieste
della magistratura e costretto a lasciare l'incarico di segretario del PSI, nel 1993, dopo un ultimo
polemico intervento in Parlamento, scelse di lasciare il paese e di rifugiarsi ad Hammamet, in Tunisia,
da dove
assistette alla fine del suo partito, frammentatosi in diverse piccole formazioni.
Condannato in contumacia in diversi processi che lo videro imputato, Craxi continuò, sempre più isolato,
una sua personale battaglia contro l’azione della magistratura (che riteneva frutto di una congiura
contro la
sua persona) e contro il partito dei Democratici di sinistra, erede del PCI, ritenuto dall’ex leader
socialista altrettanto responsabile della diffusione della corruzione, ma uscito sostanzialmente indenne
dalle inchieste
della magistratura. Alla fine del 1999, gravemente malato, Craxi lanciò il suo ultimo messaggio polemico
al paese; dichiarando che sarebbe rientrato in Italia solo da libero cittadino, rifiutò di appellarsi
alla
magistratura per chiedere il differimento della pena e scelse di passare le sue ultime settimane di
vita ad Hammamet, dove fu sepolto.
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- Pertini
il presidente rattificò la legge
