Marcinkus chi?
Era lo Ior di Paul Marcinkus, il figlio di un lavavetri lituano, nato a Cicero (Chicago) a due
strade dal quartier generale di Al Capone, protagonista di una delle più clamorose quanto
inspiegabili carriere nella storia recente della chiesa. Alto e atletico, buon giocatore di
baseball e golf, era stato l'uomo che aveva salvato Paolo VI dall'attentato nelle Filippine. Ma
forse non basta a spiegare la simpatia di un intellettuale come Montini, autore della più
avanzata enciclica della storia, la Populorum Progressio, per questo prete americano
perennemente atteggiato da avventuriero di Wall Street, con le mazze da golf nella
fuoriserie, l'Avana incollato alle labbra, le stupende segreterie bionde e gli amici di poker
della P2.
Una vittima...
Con il successore di papa Luciani, Marcinkus trova subito un'intesa. A Karol Wojtyla piace
molto quel figlio di immigrati dell'Est che parla bene il polacco, odia i comunisti e sembra
così sensibile alle lotte di Solidarnosc. Quando i magistrati di Milano spiccano mandato
d'arresto nei confronti di Marcinkus, il Vaticano si chiude come una roccaforte per
proteggerlo, rifiuta ogni collaborazione con la giustizia italiana, sbandiera i passaporti esteri
e l'extraterritorialità. Ci vorranno altri dieci anni a Woytjla per decidersi a rimuovere uno dei
principali responsabili del crac Ambrosiano dalla presidenza dello Ior. Ma senza mai
spendere una parola di condanna e neppure di velata critica: Marcinkus era e rimane per le
gerarchie cattoliche "una vittima", anzi "un'ingenua vittima"
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