L'esperto


LEVY

Lévy: Ipertesto e lettura virtuale

Le nuove tecniche di comunicazione su supporto digitale hanno innescato un processo di "potenzializzazione" delle informazioni capace di donare ubiquità al sapere . Con milioni di percorsi differenti e prensili ad altrettante potenziali geografie semantiche, i dispositivi ipertestuali delle reti informatiche permettono agli utenti di unire le loro forze intellettuali in un gioco di sinergie che, ribaltando i tradizionali ruoli di scrittura/lettura, creano le condizioni epistemiche per il sorgere di una nuova "intelligenza collettiva".

Si può dire che un atto di lettura sia una attualizzazione dei significati di un testo, attualizzazione e non realizzazione poiché l'interpretazione comporta una parte ineludibile di creazione . L'ipertestualizzazione è il movimento contrario della lettura, nel senso che produce, a partire da un testo iniziale, una riserva testuale e degli strumenti compositivi che consentiranno al navigatore di progettare infiniti altri testi. Il testo è trasformato in problematica testuale. Ma, ancora una volta, perché vi sia problematica occorre considerare degli abbinamenti uomo-macchina e non solo dei processi informatici. Allora si può parlare di virtualizzazione e non di semplice potenzializzazione. Infatti, l'ipertesto non è deducibile logicamente a partire dal testo originario, ma è il risultato di una serie di decisioni: regolazione della grandezza dei nodi e dei moduli elementari, disposizione delle connessioni, struttura dell'interfaccia di navigazione , ecc. Nel caso di una ipertestualizzazione automatica, tali scelte (l'invenzione di un ipertesto specifico) saranno intervenute al momento della progettazione e della selezione del software.

Dopo aver enunciato queste constatazioni quasi tecniche, non si può parlare della potenzializzazione e della virtualizzazione come di fenomeni omogenei. Al contrario, ci dobbiamo confrontare con una estrema diversità che dipende essenzialmente dalla combinazione di tre fattori: la natura della riserva digitale iniziale, quella del software di consultazione e quella del dispositivo di comunicazione.

Un testo lineare tradizionale, anche se digitalizzato, non si leggerà come un vero e proprio ipertesto, né come una banca dati, né come un sistema che genera automaticamente dei testi in funzione delle interazioni di cui il lettore lo nutre.

Il lettore si rapporta in misura maggiore a un software di lettura e di navigazione che a uno schermo. Non è forse vero che il programma consente solo uno svolgimento sequenziale (come i primi software di videoscrittura che, per un attimo, hanno fatto regredire la lettura a noiosa manipolazione dell'antico rotolo, addirittura a prima delle pagine del codex)? Quali funzioni di ricerca e di orientamento offre il software? Permette di costruire dei "legami" automatici tra diverse parti del testo, di portare delle annotazioni di genere differente? Può il lettore personalizzare il proprio software di lettura? Queste importanti variabili influiranno fortemente sulle operazioni intellettuali che il lettore effettuerà.

Inoltre, il supporto digitale consente nuovi tipi di letture (e di scritture) collettive.  Un continuum vario si estende così tra la lettura individuale di un testo particolare e la navigazione all'interno di vaste reti digitali in cui un numero imprecisato di persone annota, arricchisce, collega i testi gli uni agli altri grazie ai legami ipertestuali.

Un pensiero si attualizza in un testo e un testo in una lettura (una interpretazione) . Risalendo la china dell'attualizzazione, il passaggio all'ipertesto è una virtualizzazione. Non per ritornare al pensiero dell'autore ma per fare del testo attuale una delle figure possibili di un campo testuale disponibile, mobile, riconfigurabile a piacere, persino per collegarlo e farlo entrare in composizione con altri corpi ipertestuali e diversi strumenti di supporto all'interpretazione. In questo modo l'ipertestualizzazione moltiplica le occasioni di produzione di senso consentendo di arricchire considerevolmente la lettura.

E rieccoci confrontati al problema della lettura. Sappiamo che nei primi testi alfabetici non vi era separazione fra le parole. Solo progressivamente furono inventati gli spazi tra i vocaboli, la punteggiatura, i paragrafi, le suddivisioni in capitoli, gli indici, gli apparati, l'impaginazione, la rete dei rimandi delle enciclopedie e dei dizionari, le note a piè di pagina... insomma, tutto ciò che serve a facilitare la lettura e la consultazione dei documenti scritti. Contribuendo a piegare i testi, a strutturarli, ad articolarli oltre la loro linearità, queste tecnologie ausiliari costituiscono quello che potremmo definire un apparato di lettura artificiale.


L'ipertesto, l'ipermediale e il multimediale interattivo proseguono quindi un processo secolare di artificializzazione della lettura.  Se leggere significa selezionare, schematizzare, costruire una rete di rimandi interni al testo, associare ad altre informazioni, integrare le parole e le immagini alla propria memoria personale in perenne ricostruzione, allora si può davvero affermare che i dispositivi ipertestuali costituiscono una sorta di oggettivazione, di esteriorizzazione, di virtualizzazione dei processi di lettura. In questa sede non ci limiteremo a prendere in esame solo i processi tecnici di digitalizzazione e di visualizzazione del testo, ma considereremo l'attività umana di lettura e di interpretazione che integra i nuovi strumenti.

Come abbiamo visto, la lettura artificiale esiste da molto tempo. Ma allora qual è la differenza tra il sistema che si era cristallizzato sulle pagine dei libri e dei giornali e quello che si sta inventando oggi a partire dai supporti digitali?

L'approccio più semplice all'ipertesto che, ripetiamolo, non esclude né i suoni né le immagini, è di descriverlo, in opposizione al testo lineare, come un testo con struttura reticolare. L'ipertesto sarebbe costituito da nodi (gli elementi d'informazione, paragrafi, pagine, immagini, sequenze musicali, ecc.) e da collegamenti tra questi nodi (riferimenti, note, link, "pulsanti" che indirizzano il passaggio da un nodo all'altro).

La lettura di un'enciclopedia tradizionale è già di tipo ipertestuale, poiché utilizza gli strumenti di orientamento che sono i dizionari, i lemmari, gli apparati, i glossari, gli atlanti, le tabelle, i sommari e i rimandi alla fine delle voci. Ma il supporto digitale introduce una differenza considerevole rispetto agli ipertesti del periodo che precede l'informatica: la ricerca negli indici, l'uso degli strumenti di orientamento, il passaggio da un nodo all'altro avvengono con una grande rapidità, dell'ordine di qualche secondo. Inoltre, la digitalizzazione permette di associare sullo stesso medium e di assemblare finemente i suoni, le immagini animate e i testi. Secondo questo primo approccio, l'ipertesto digitale potrebbe essere definito come una serie di informazioni multimodali strutturata reticolarmente a navigazione rapida e "conviviale".

Rispetto alle precedenti tecniche di lettura in rete, la digitalizzazione introduce una piccola rivoluzione copernicana: non è più il navigatore a seguire le istruzioni di lettura spostandosi fisicamente nell'ipertesto, sfogliando le pagine, spostando pesanti volumi, percorrendo la biblioteca, ma vi è ormai un testo mobile, caleidoscopico, che mostra tutte le sue facce, gira, si piega e si spiega a volontà di fronte al lettore. Oggi si sta inventando una nuova arte dell'edizione e della documentazione che cerca di sfruttare al meglio l'inedita velocità di navigazione tra masse di informazioni condensate in volumi sempre più piccoli.

Secondo un altro approccio, complementare, la tendenza contemporanea all'ipertestualizzazione dei documenti può essere definita come una tendenza all'indistinzione, alla parziale sovrapposizione delle funzioni di lettura e di scrittura. Ci confrontiamo qui con il processo di virtualizzazione vero e proprio che, come spesso accade, ha l'effetto di creare un movimento ininterrotto tra esteriorità e interiorità, nella fattispecie l'intimità dell'autore e l'estraneità del lettore rispetto al testo. Questo costante passaggio dal dentro al fuori, come in un anello di Mœbius, è già caratteristico della lettura tradizionale poiché il lettore, per capire, deve "riscrivere" mentalmente il testo e dunque addentrarsi. Esso riguarda anche la redazione, dal momento che la difficoltà della scrittura risiede nella rilettura che deve essere fatta per correggersi, nello sforzo, cioè, di prendere le distanze dal proprio testo. Ora l'ipertestualizzazione oggettiva trasforma in azione ed eleva alla potenza del collettivo questa identificazione incrociata del lettore e dell'autore.

Incominciamo con l'osservare la cosa dal punto di vista del lettore. Considerando l'ipertesto come spazio di possibili percorsi di lettura, il testo appare come una particolare lettura dell'ipertesto. Il navigatore partecipa quindi alla redazione o quantomeno all'edizione del testo che "legge" poiché è lui a determinare la sua organizzazione finale (la dispositio della retorica antica).


Il navigatore può divenire autore in modo più profondo che percorrendo una rete prestabilita: partecipando alla strutturazione dell'ipertesto, creando nuovi collegamenti. Alcuni sistemi registrano i percorsi di lettura e rafforzano (rendendoli per esempio più visibili) o indeboliscono i collegamenti a seconda di come vengono attraversati dalla comunità dei navigatori.


Inoltre, i lettori possono modificare i collegamenti, aggiungere e cambiare dei nodi (testi, immagini, ecc.), unire due iperdocumenti in un unico ipertesto o tracciare dei legami ipertestuali tra una moltitudine di documenti. Oggi questa pratica è ampiamente utilizzata in Internet, segnatamente nel World Wide Web. Ormai tutti i testi pubblici ai quali si può accedere in Internet fanno virtualmente parte di un unico gigantesco ipercorpo in continua espansione. Gli iperdocumenti aperti accessibili attraverso una rete informatica sono dei potenti strumenti di scrittura-lettura collettiva.


In questo modo la scrittura e la lettura si scambiano i ruoli . Colui che partecipa alla strutturazione dell'ipertesto, al tratteggio delle possibili sfaccettature del senso è già di per sé un lettore. D'altra parte, colui che attualizza un percorso o manifesta un determinato aspetto della riserva documentaria contribuisce alla redazione, per un istante dà compimento a una scrittura mai compiuta.


Le collazioni e i rimandi, i percorsi di senso originali che il lettore inventa possono essere incorporati alla struttura stessa dei vari insiemi. Con l'ipertesto ciascuna lettura è un atto di scrittura.


Pierre Lévy, Il virtuale, traduzione di M. Colò e M. Di Sopra, Raffaello Cortina Editore, Milano 1997.