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Longobardi
Longobardi
Longobardi Popolazione germanica che dominò la penisola italiana dalla metà del VI alla fine dell'VIII
secolo, dando una profondissima impronta all'assetto
politico-istituzionale dell'Italia per i secoli successivi.
Le tribù dei longobardi appartenevano al ceppo germanico settentrionale. Varie sono le etimologie proposte
per il nome (le più probabili sono Langbart,
lunga barba, o Langbarte, lunga lancia) attribuito loro dagli altri germani. Essi si autodefinivano winnili,
cioè "guerrieri", e già Tacito, nel I secolo d.C., li
ricorda come popolo numeroso, celebrato per il suo valore in battaglia. Tipicamente militare era infatti
la loro organizzazione sociale, basata sull'unione degli
uomini liberi atti alle armi (arimanni) riuniti in grandi gruppi familiari (fare). Il
re, eletto dalle assemblee generali delle fare, era anche il capo militare, rex
gentis langobardorum. I longobardi si insediarono nell'area danubiana alla fine del V secolo, partecipando
alla guerra greco-gotica al servizio dell'impero
bizantino.
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LA CONQUISTA DELL'ITALIA
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Nel 568 i longobardi iniziarono la penetrazione nel Friuli, nel Veneto e in quella regione che proprio
da loro avrebbe preso il nome di Lombardia; qui infatti il
loro re Alboino fondò il regno italico, fissandone la capitale a Pavia. Abbandonato il nomadismo, essi
si spartirono il dominio tribale (ampliatosi
progressivamente, a danno dei bizantini, a quasi tutta la penisola) in ducati retti dai guerrieri più
prestigiosi e ben presto insofferenti del potere regio. I ducati
più importanti, la cui giurisdizione sarebbe sopravvissuta alla scomparsa dei longobardi, furono quello
detto "di Bulgaria", con centro a Novara, e quelli di
Vercelli, di Ivrea, di Torino, di Spoleto e di Benevento.
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LA CONVERSIONE AL CATTOLICESIMO
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Già convertiti al cristianesimo fin dallo stanziamento in territorio bizantino, i longobardi, come già
i loro predecessori in Italia, i goti, ne avevano abbracciato
la versione ariana. Ma verso la fine del VI secolo, per stabilire migliori rapporti con le popolazioni
latine e per appoggiarsi – contro i duchi meridionali e
contro i bizantini – al potere pontificio rafforzatosi nell'Italia centrale, il re Agilulfo, spinto
dalla moglie Teodolinda, si convertì al cattolicesimo, conducendo
alla nuova fede tutti i longobardi e rafforzando così notevolmente il papato sia nei confronti del patriarca
e dell'imperatore di Costantinopoli (Bisanzio), sia nei
confronti delle altre tribù germaniche cristianizzate, insediatesi nei territori dell'ex impero romano
d'Occidente.
Il diritto longobardo, consuetudinario di tradizione germanica ma con elementi tratti dal diritto romano,
trovò la sua più compiuta codificazione nell'editto di
Rotari (22 novembre 643), insieme di leggi, prevalentemente di natura penale, che prese il nome dal
sovrano che regnò dal 636 al 661. Contro gli arbitri dei
duchi e degli altri guerrieri longobardi, il potere giudiziario vi era ricondotto alla persona del re,
che si proclamava "scudo dei deboli e dei disarmati". In
seguito vi furono apportate numerose aggiunte, che nel 755 confluirono in una redazione definitiva nota
come Edictum langobardorum.
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LA FALLITA UNIFICAZIONE DELL'ITALIA
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I re longobardi condussero una lotta incessante ma vana per unificare il regno e dargli stabilità, cercando
di imporsi sia ai duchi sia al papa. I risultati più
consistenti furono conseguiti da Liutprando, re dal 712 al 744, che strappò ai bizantini Ravenna e l'Esarcato
e, dopo forti contrasti, stabilì buoni rapporti con
il papa Gregorio II mediante la donazione al patrimonio della Chiesa di Roma dei castelli di Sutri,
Bomarzo e Amelia (728). Ciò non impedì tuttavia al papa
Stefano II (III) di cercare l'appoggio contro la pressione longobarda di Pipino il Breve nel 754, legittimandone
in cambio l'usurpazione del regno dei franchi
alla dinastia merovingia. Pipino sconfisse Astolfo, re dei longobardi (754-55) e consegnò al papa un
territorio che includeva Ravenna e altre città (donazione
di Pipino), che, aggiunto alla "donazione di Sutri", diede origine all'instaurazione del potere
temporale dei papi.
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LA FINE DEL REGNO LONGOBARDO
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La discesa di Pipino fu l'inizio di una serie di guerre tra franchi e longobardi che avevano in palio
il dominio sull'Italia e il favore del papa, anche come
legittimazione della sovranità nei confronti dell'impero bizantino. Nel 770 il re Desiderio cercò di
arrivare alla pace concedendo la mano della propria figlia
Ermengarda al re dei franchi Carlo, che sarebbe poi assurto a grande fama con il nome di Carlo Magno.
Ma i rapporti ben presto si raffreddarono di nuovo
e nel 772, quando il papa Adriano I chiese aiuto a Carlo contro la minaccia longobarda, questi, che
nel frattempo aveva ripudiato Ermengarda per sposare
la sveva Ildegarda, scese in Italia, detronizzò Desiderio (774) e assunse il titolo di "re dei
franchi e dei longobardi". Questi ultimi finirono per confondersi con
i latini, che avevano dominato per due secoli, mentre mantennero a lungo la propria autonomia i Ducati
di Spoleto e di Benevento.
Mentre sono note le strutture militare, giudiziaria e amministrativa del regno longobardo in Italia,
poco si conosce del sistema economico e tributario. I
longobardi, culturalmente dominati dall'elemento latino, non hanno lasciato alcun documento nella loro
lingua, completamente estintasi nel X secolo, mentre
sontuose sono le testimonianze di una progredita arte figurativa e di lavorazione dei metalli: armi,
gioielli e suppellettili sono stati ritrovati in gran numero nelle
principali necropoli, da Cividale del Friuli a Nocera Umbra, da Bolsena a Benevento.
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